CITTADINANZA. UNA CONQUISTA, NON UN DIRITTO DI NASCITA.

Pubblicato: 25 gennaio 2012 in Attualità & Oscenità

Cittadinanza dalla nascita per i figli degli stranieri nati in Italia, si o no? Domanda che divide, accende questioni e dibattiti politici e da bar. Questione delicata, al limite dell’accusa di razzismo e buonismo.

Personalmente non credo che la cittadinanza sia da regalare facilmente. Essere cittadino italiano (come di qualsiasi altro Paese) vuol dire accettare la cultura, la tradizione, le leggi e la società dell’Italia. Non è un semplice fatto di nascita. Ogni giorno si incontrano stranieri che dialogano tra loro e con i figli nella lingua del Paese d’origine. Lecito, ammesso, giustamente, ma non da cittadini italiani. La lingua ufficiale dello Stato, come ci insegna la Costituzione, è l’italiano, non il rumeno, l’arabo, il cinese o qualsiasi altro idioma. Apprezzo molto gli originari dei Paesi centrafricani, i quali tra loro si esprimono nelle loro lingue d’origine, ma con i figli (il futuro!) parlano esclusivamente in italiano. Diverso discorso, appunto, per arabi, est europei e cinesi. Essi costituiscono delle comunità a parte, parlano esclusivamente le lingue originarie e raramente trasmettono ai figli la necessità di imparare le tradizioni e le usanze del Paese che li ospita, sia l’Italia o qualsiasi altro.

Per questo motivo sono pienamente d’accordo con chi vorrebbe bloccare la PROPOSTA DI LEGGE DI MODIFICA DELLA L. 5 FEBBRAIO 1992 N. 91 “NUOVE NORME SULLA CITTADINANZA”. Essere cittadino italiano deve essere motivo di orgoglio, necessità fondamentale per portare lo sviluppo al Paese dove si abita. Non deve essere una mera questione burocratica. Uno straniero, o figlio di straniero, deve essere cosciente che vivere in una Nazione vuol dire contribuire allo sviluppo della stessa, non semplicemente abitarla ed usufruire dei privilegi e servizi che essa offre.

Flavio Coraglia

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